Dal 27 maggio
1977 vivo con la presenza costante della morte di Claudio, in sordina, ma
presente comunque. Regolarmente un articolo, un incontro, un accenno riattiva i ricordi, anzi mi spinge a
“rivangare il passato”.
Ultimamente
è successo col libro di Monica Malfatti. Sono
tornate a galla le domande
ed aspetti ancora
sospesi.
Quindi, per
provare di mettere un punto finale a queste incertezze e ricerche ho redatto
tre nuovi capitoli da aggiungere alla “Via del drago”: “I perché di Claudio”,
“Le parole che dicono” e “Perché l’alpinismo?” ed in fine la “Cronologia di
Claudio” cioè la cronologia dei testi che hanno indagato la sua personalità.
Oggi, 47 anni
dopo la sua morte, per me, tutti questi testi sono tasselli di un puzzle sotto
il titolo “Solo, disperato” . Titolo dato in particolare alla raccolta dei
quattro ultimi testi ma che vale anche per la somma di tutti i testi fin dal
primo “Via del drago”.
Contrariamente
a “La via del Drago” che elenca fatti storici destinati a conoscere la vita di
Claudio il più fedelmente possibile, gli ultimi testi sono ipotesi destinate
non più a conoscere Claudio, bensì a provare di capirlo.
Se si
pubblicasse un volume unico raggruppando tutti i testi citati nella
“Cronologia” il titolo, generale, ne potrebbe essere, appunto “Solo, disperato” ed è cosi che, oggi percepisco
la persona di Claudio.
I- Cronologia Claudio
Barbier 1938 - 1977
ogni documento significa un
passo avanti nella scoperta e la comprensione di chi era stato.
1995 “La via del Drago”
di Anna Lauwaert
2005 sito www.claudiobarbier.be di Didier Demeter 2008
seconda edizione della Via del Drago
2009 premio Leggimontagna
2010 “Elenco delle vie di Claudio”
di Anna Lauwaert e Pascale Binamé https://atelier-ca-della-fiola.blogspot.com/p/elenco-delle-vie-percorse-da- claudio-in.html
2011 “Le grimpeur maudit” di
Anna prima stampa https://atelier-ca-della-fiola.blogspot.com/p/la-documentation- iconographiqueainsi.html
2011 “Le grimpeur maudit”
fumetto di Anna https://atelier-ca-della-fiola.blogspot.com/p/bd.html
2011 “Aggiornamento via del
drago/grimpeur maudit” di Anna https://atelier-ca-della-fiola.blogspot.com/p/in-dolomiti-la-via-del-drago-e- le.html
2012 “Quelli del Pordoi”
di Alberto Sciamplicotti
2012 “Le grimpeur maudit”
di Anna edizione in Francia 2023 “I perché di Claudio” di
Anna
https://atelier-ca-della-fiola.blogspot.com/p/i-perche-di-claudio.html 2024 “Dimmi che mi ami” di
Monica Malfatti
2024 “Le parole
che dicono” di Anna
https://atelier-ca-della-fiola.blogspot.com/p/claudio-le-parole-che- dicono.html
2024 “Perché l’alpinismo” di Anna
https://atelier-ca-della-fiola.blogspot.com/p/perche-lalpinismo.html 2024 “Solo, disperato” =
raccolta:
I “ Cronologia di Claudio” +
II “I perché di Claudio” + III - “ Le parole che dicono” + IV - “Perché
l’alpinismo”
I testi possono
essere citati a condizione di menzionare il nome del loro autore.
Anna Lauwaert – 27.V.24
II - I perché di Claudio
“Alpinismo perché…” disse Marino Stenico…
Da quando,
all’inizio del 1900, il re Alberto e la regina Elisabetta del Belgio
arrampicarono nelle Dolomiti con le mitiche guide Antonio Dimai, Agostino
Verzi, Tita Piaz… è cambiato tutto.
Oggi lo
sport è diventato un settore importante dell’economia: equipaggiamenti,
abbigliamenti, alimentazione, gare, sponsorizzazioni, infrastrutture, stampa,
turismo… e quindi, anche… “alpinismo, perché è un business…”
Il 5.IX.57,
Claudio rinuncia a terminare la via, che diventerà la Philipp- Flamm, per
soccorrere il suo compagno Dieter Marchart, colpito da sassi ma che, il giorno
seguente, non avrà più nulla…
40 anni più
tardi, nel suo libro “Dark shadows falling” del 1997, Joe Simpson spiega che
chi ha pagato per farsi portare in cima ad una vetta himalayana, scavalca i
compagni esausti, li lascia morire e prosegue per la sua strada…
Nel 1975
Messner e Habeler scalano l’Hidden Peak in stile alpino. Per tutto un giorno
Claudio percorse Freyr brandendo una rivista alpina e proclamando “gli 8000 in stile alpino: è finito l’alpinismo”-
L’ultima sfida era stata raggiunta, di più di cosi, non era possibile.
Non so più a chi fu chiesto
perché andava in montagna e lui rispose “perché ci sono”
La domanda è ancora più pertinente quando viene rivolta
ad una persona nata e cresciuta nelle pianure delle Fiandre, in riva al
mare…
Con Claudio ce n’erano
tanti di “perché?”…
Nel 2008 il
mio libro “La via del Drago” ricevette una seconda edizione e nel 2009 il
premio Leggimontagna.
Nel 2010,
il festival “Tra le rocce e il cielo” di Vallarsa organizzò un incontro Claudio
Barbier al quale parteciparono amici provenienti dal Belgio, Gran Bretagna,
Francia… Quel giorno dovetti arrendermi all’evidenza: solo gli italiani avevano
letto la biografia di Claudio: mancava una versione in francese…
Una
traduzione non aveva senso perché mi ero indirizzata agli amici italiani. Mi
toccava riscrivere il tutto rivolgendomi alla mentalità francofona: due anni di
lavoro e… rivangare …
Così, dopo
15 anni, una volta di più, mi inabissai nelle scartoffie, nei ricordi e nei
perché…
Una cosa
era certa: in quella bellissima giornata soleggiata di primavera Claudio era
morto, da solo… Non si capì mai se era stato incidente, omicidio o suicidio. Ma
per me la domanda lancinante rimase “perché?”
Quindi
ripresi le “scatole d’archivio” e ricominciai a spulciare lettere, biglietti,
scarabocchi su cartoncini della birra… Per “La via del drago” mi ero
focalizzata principalmente sull’aspetto alpinistico e avevo trascurato il lato
umano. Ora, con 30 anni di maturazione, fui commossa dal lato psicologico…
Claudio non
aveva tenuto un diario tipo quaderno scolastico, bensì, oltre ad un infinità di
biglietti, egli aveva riempito taccuini, agendine, appuntini… con una scrittura
piccola e quasi indecifrabile.
In un
taccuino del 1975 egli aveva ricopiato questa frase del 25.III.50 di Cesare
Pavese: “ Non ci si uccide per una donna. Ci si uccide perché l’amore,
qualunque amore, ci rivela la nostra nudità, miseria, inermità, nulla” (Il
mestiere di vivere p. 394)
Claudio mi
aveva detto di aver pensato al suicidio, anzi a mascherare un suicidio in
incidente. Egli aveva letto “Il mestiere di vivere” pubblicato nel 1952?
Alla mia partenza per la Svizzera,
nel 1980, avevo lasciato tutti i nostri
libri sul solaio della mia
casa paterna. Ora, i miei genitori risiedevano in una casa per anziani e ci
ritornavo durante lunghi periodi per occuparmi di loro. Quindi salii sul solaio
per riaprire i 92 scatoloni di libri… Era tutto li, perfetto, con quel profumo
di carta asciutta
e vecchia e addirittura l’odore
delle sigarette dei signori Barbier che aveva impregnato i
libri che loro mi avevano regalati.
Sì, c’era “Il
mestiere di vivere” in una edizione Einaudi del 1970, ma anche “L’échec de
Pavese” di Dominique Fernandez e “Il vizio assurdo” di Davide Lajolo.
Perché
Pavese si era suicidato due mesi dopo aver ricevuto il premio Strega e allorché
la sua opera si stava affermando?
Mentre eravamo nelle Dolomiti, Claudio leggeva Moby Dick.
Nel romanzo di Melville, colpisce
la stranezza e la simbolica
dei nomi. Il narratore Ismaël (figlio ripudiato di
Abramo) racconta la caccia, a morte, del capitano Achab (re empio e crudele
di Israele) contro la balena bianca
(simbolo di purezza) chiamata Moby Dick. Libro che Pavese aveva tradotto.
“moby” significa grande, enorme impressionante.
“dick” significa in gergo “tipo”
ma anche “pene”
“Moby Dick” è un physeter
macro-ce-phalus… in inglese
“sperm whale”. È il
più grande carnivoro del mondo.
Vale a dire che “il grande
pene puro è il più grande divoratore del mondo”… E quindi il libro parla della
lotta a morte dell’uomo empio e crudele contro le sue pure pulsioni sessuali?
Servirebbe uno studio su Melville
e le sue intenzioni in questo libro, ma anche sul perché Pavese si era interessato
a Moby Dick?
Come mai,
seduto di fronte alla Tre Cime, Claudio leggeva una storia di balena? Quale
interesse per questo libro Claudio condivideva con Pavese? Era interessato a Moby Dick o a Pavese?
Claudio,
nel “Mestiere di vivere”, avrà trovato numerose frasi scritte per lui, anzi,
quel libro sembra scritto per lui.
p.59 “Tutti
gli uomini hanno un cancro che li rode (…) Quasi tutti, pare, rintracciano
nell’infanzia i segni dell’orrore adulto. Indagare questo vivaio di
retrospettive scoperte, di sbigottimenti, questo loro angoscioso ritrovarsi
prefigurati in gesti e parole irreparabili dell’infanzia.”
p. 70 “E in quest’anno è venuta al pettine la mia lunga e segreta
vergogna…”
p. 374 “Dove sono le angosce,
gli urli, gli amori dei 18-30 anni?”
p. 384 “L’idea
del suicidio era una proposta di vita. Che morte non voleva più morire”
p.398-399: “… il fallimento…
“La mia
parte pubblica l’ho fatta – ciò che potevo. Ho lavorato, ho dato poesia agli
uomini, ho condiviso le pene di molti (…)
In dieci
anni ho fatto tutto. Se penso alle esitazioni di allora. Nella mia vita sono
più disperato e perduto di allora. Che cosa ho messo insieme? Niente. Ho ignorato
per qualche anno le mie tare, ho vissuto come se non esistessero.
Sono stato stoico. (…) Non ho più nulla da desiderare su questa terra, tranne
quella cosa che quindici anni di fallimenti ormai escludono.(…)
Ci vuole
umiltà, non orgoglio. Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non
scriverò più.”
“Sono disperato
e perduto” come cantava Johnny Hallyday: “Sono solo, disperato” come lo
ripeteva Claudio …
Quella
mattina del 27 settembre 2010, nella casa paterna, stavo sorseggiando il mio caffè ascoltando il notiziario. Il
presentatore annunciò che abusi sessuali erano stati denunciati nella scuola
dei Benedettini dove Claudio era stato allievo interno dal 1948 al 1952.
Fulmine a
ciel sereno… Oddio! Di colpo, si affacciarono nella mia mente le stravaganze di
Claudio: il suo odio dei preti, del colore verde, dei fiori recisi, della
lingua fiamminga, della musica classica, e… quella volta ad Auronzo quando
corse fuori a vomitare a causa di quel particolare odore animale provocato da formaggi
fermentati in una stanzetta troppo calda e che sapevano di intimo sporco dopo
una notte di sudore…
La scuola…
Ripresi le
pagelle di Claudio. Dalla prima elementare era stato primo o secondo di classe
fino alla pagella del 12 aprile 1952 che era disastrosa.
Claudio fu espulso ed andò dai Gesuiti à Bruxelles dove diventò ribelle.
Finì il liceo classico
latino-greco dai Gesuiti à Mons.
Nel 1953 coi
suoi genitori aveva soggiornato a Pralognan dove aveva imparato quanto la neve
è scivolosa ed aveva anche percorso la sua prima via di montagna con una guida.
Nel 1954
erano stati nell’Oberland Bernese e nel 1955 fu il colpo finale: le Dolomiti
con Lino Lacedelli…
Quando fu
iscritto alla facoltà di lettere, non presentò nemmeno gli esami: non aveva
avuto il tempo di studiare
perché aveva dovuto allenarsi per andare
in montagna…
Durante il
1958 Claudio svolse il servizio militare nelle Truppe di Trasmissione nella armata
belga di occupazione in Germania. Egli seguì i
corsi di ripetizione nel 1961
e 1962, passò il brevetto di trasmissione in morse “14 parole di 5 lettere al
minuto” e poté allenarsi nelle rocce di Marche-les- Dames coi para-commandos…
Però dal 1956 non fece più nient’altro che arrampicare…
Tornarono i perché?
Come mai un
ragazzino normale, di una famiglia normale, è un brillante allievo fino al 12
aprile 1952 e poi, bruscamente non farà più nient’altro che arrampicare su
rocce?
In Belgio, nel 1996 era scoppiato l’affare Dutroux di
pedo-criminalità, poi nel 2010 il vescovo Van Geluwe dovette dimettersi…
Un’inchiesta stimò a più di 5000 casi gli abusi sessuali
nella chiesa fiamminga… Cosi si iniziò
a parlare anche delle conseguenze per le vittime:
la loro vita distrutta, prigionieri dell’impossibilità di parlarne
e molti suicidi anche 20 o 30 anni dopo i fatti… Claudio si qualificava di
“grimpeur maudit” cioè arrampicatore maledetto in referenza ai poeti maledetti
francesi Verlaine e Rimbaud… ma cosa stava dietro?
Tornarono i perché
Perché il bambino
Claudio avrebbe potuto
essere una preda?
Era nato nel 1938 e per via delle attività paterne aveva
vissuto l’occupazione tedesca da vicino. Aveva influenzato il suo carattere?
Claudio era
cresciuto in un ambiente protettivo e quindi era probabilmente ingenuo. Perché
nelle sue lettere dal collegio ai suoi genitori sembrava andare tutto bene
allorché stava per essere espulso?
Nel 1952, a 14 anni era l’età della ribellione…
Perché questi odi bizzarri?
Perché parole cosi crude e volgari
quando parlava di sesso?
Perché certi suoi atteggiamenti (intimi) “dominatori”?
Perché le sue pazze arrampicate in solitaria ?
Perché, quella mattina del giorno della sua morte, prima di partire, aveva lasciato un enorme mazzo di rose sul
lavandino dai suoi genitori?
Un giorno mi
disse che non aveva mai pensato a dover lavorare “con tutto quello che aveva
fatto in montagna”… aveva pensato che sarebbe morto giovane…
E, se tutte queste
stravaganze fossero, non
caprici d’un figlio borghese
viziato bensì l’espressione di “un cancro che lo rodeva”…
Quella
pagella del 12 aprile 1952 ha segnato una rottura: Claudio non è mai più stato
“normale” ed ha sconvolto la vita dei sui genitori.
Claudio era
stato testimone o vittima di violenze da parte di compagni o adulti? Era stato
un altro dramma simile a “les amitiés particulières” di Roger Peyrefitte?
I biografi
di Pavese parlano della sua infanzia infelice, dell’educazione severa, dei suoi
problemi sessuali… Quale è la ragione di questi problemi? Anche lui era stato a
scuola dai Gesuiti… e perché scrive di punt’in bianco nel “Mestiere di vivere” in data del 17 aprile
1946 “Nossignore. Non bisogna inculare i ragazzini…”
“Inculare i
ragazzini” non è una figura di stile, è pedo-criminalità come era successo
nella scuola dove Claudio aveva soggiornato.
Se Claudio,
un appassionato di letteratura francese, si era inoltrato così profondamente
nel pensiero di Pavese, non può non dimostrare una fratellanza nel “cancro che
rode gli uomini”…
Nessun
editore è stato interessato al mio libro: “Claudio Barbier: storia vecchia che
non interessa più nessuno…”
L’ho fatto
stampare in 200 esemplari per gli amici. L’ho mandato a diverse personalità
nell’ambito dell’inchiesta sulla pedo-criminalità con la domanda: “Ci sono
denunce che riguardano abusi sessuali in quella scuola durante gli anni 1950
quando Claudio ci era allievo interno?”
Passò un anno
Una sera il
telefono squillò ed una persona disse: “Devo mantenere l’anonimato a causa
della mia professione. Ho letto il suo libro. Volevo dirle che la risposta alla
sua domanda è “si”…”
Il mio
libro in francese provocò sconforto: Claudio non era stato un rivoluzionario di
sinistra, un Che Guevara dell’alpinismo, bensì un fallito figlio borghese mantenuto dai suoi
genitori… La mia ipotesi di abuso sessuale
fece scalpore e provocò indignazione: il mitico alpinismo, il carismatico fuori
classe, insultati dallo schifo: un blasfemo… psicanalisi da quatro soldi…
autoproiezione dei propri fantasmi dell’autrice… Il mio libro finì in
patumiera…
Eppure: “il
cancro che rode la nostra anima”… Magari, se avessimo avuto più tempo, avremmo potuto salvarci a
vicenda?
Noi ammiriamo
le imprese dei grandi alpinisti, ma raramente conosciamo le loro motivazioni
profonde e la sessualità rimane uno dei peggiori tabù.
Perché Emilio Comici attingeva alla voluttà mentre superava
da solo “il vuoto e lo strapiombo”?
Cosa
significava per Paul Preuss, non solo di essere stato un bambino malaticcio con
una sindrome poliomielitica, ma anche di essere ebreo nel periodo storico
dell’affare Dreyfus?
Marino
Stenico diceva “le donne sono perfide” come lo scrive Pavese p.50… e poi pone
la domanda “alpinismo perché?”…
Cosa significa la pagella del 12 aprile
1952 per Claudio?
Redigendo
queste righe mi accorgo che La via del Drago racconta un aspetto della
personalità di Claudio, Le Grimpeur Maudit aggiunge il lato più umano, il
fumetto, per il conciso dei testi, coglie i tratti principali.
Lo studio
di Monica, l’elenco delle vie di Claudio, la mia ultima ipostesi, portano
tasselli mancanti. 47 anni dopo la sua morte, il cerchio si chiude.
Anna Lauwaert 7.IX.23
III - Le parole che
dicono…
Le persone
parlano, le parole dicono della cose, però di solito noi sentiamo senza
ascoltare.
Claudio ed anch’io siamo
nati in famiglie “intellettuali”.
A sette anni
egli leggeva Jules Verne. I suoi genitori parlavano e leggevano la stampa
quotidiana in diverse lingue. Seguivano “la critica” ed erano al corrente delle
nuove pubblicazioni, dei film ed avvenimenti culturali.
Suo padre era
ingegnere formato al collegio benedettino Sint Andries di Loppem per le
“humanités classiques latin-grec” e poi l’università di Gent. Era diventato un
funzionario statale di alto rango: direttore dell’azienda dei telefoni, il ché
gli permise di diventare un tassello importante nella Resistenza durante 40-45.
Difatti il 1 gennaio 1945 fu décorato e “citato all’ordine del giorno per il
suo prezioso contributo all’armata segreta”.
La madre di
Claudio aveva seguito la classica formazione in economia domestica presso le suore prima
di soggiornare a Roma per imparare l’italiano e in Inghilterra per imparare
l’inglese ed il tennis.
Prima che io
fossi capace di leggere, mio padre mi leggeva le belle storie dell’Antico
Testamento e mia madre mi leggeva i libri della Contesse de Ségur. Si accendeva la radio per ascoltare
il notiziario ma non c’era televisione.
Mio padre mi
offrì gli album di Tintin appena fui in prima elementare, avevo cinque anni.
Più tardi mi fece scoprire poesie in fiammingo, tedesco, inglese ma soprattutto
francese. Oltre ai classici francesi e inglesi che leggevamo a scuola, mio
padre mi consigliò libri che aveva nella sua biblioteca tra cui mi ricordo “Nikita” di Tolstoï e “Le anime morti” di
Gogol…
Mio padre
suonava fagotto e clarinetto. In pensionato, dalle Suore, mia madre
aveva imparato piano forte. Nell’orchestra dilettante, tra amici, pure lei
suonava clarinetto. Avevamo l’abbonamento all’opera e regolarmente andavamo ai
concerti ed a teatro.
Mio padre
aveva ottenuto il diploma di maestro di scuola elementare. Nel 1939 aveva
sposato mia madre, così, semmai egli veniva uccida alla guerra, lei avrebbe
ricevuto una pensione di vedova… Dopo la guerra, egli diventò maestro nella
scuola elementare nel nostro villaggio e nel contempo seguì 5 anni all’università
di Bruxelles. Ottenne la licenza in pedagogia e psicologia e finì la sua
carriera come professore di pedagogia e direttore pedagogico alla magistrale.
Io avevo
seguito il liceo latino matematica. Sguazzavamo nella grande letteratura.
Claudio ancora di più di me poiché aveva fatto latino-greco, dai benedettini,
(la super scuola dove era stato suo padre e dove andavano i figli dell’alta
borghesia e pure i principi tra cui l’attuale re Filippo del Belgio). Claudio
finì il liceo dai gesuiti.
A quei tempi
si conoscevano le poesie a memoria non solo perché era obbligatorio a scuola ma
anche perché eravamo penetrati, posseduti dalla bellezza dei grandi testi, i
Victor Hugo, Lamartine, Vigny, chi più ne vuole più ne metta… addirittura i poeti latini… Il signor Barbier
recitava ancora testi in greco antico.
Il liceo che si
chiamava “les humanités” significava 6 anni in cui ogni giorno, ogni giorno,
era studio della lingua madre, grammatica, vocabolario, letteratura… drill
militare linguistico… Per aver bocciato due volte, i miei sei anni erano
diventati otto… Otto anni di latino al punto di poter presentare l’esame di
maturità in latino… Le giornate andavano dalle 8 alle 12 e dalle 13 alle 16.
Non andavamo a casa, eravamo “interni”. Avevamo libero il mercoledì e sabato
dopo pranzo e la domenica. Non avevamo né radio, né TV, né telefono. né stampa…
Ogni sera avevamo compiti e lo “studio” andava fino alle 22… Ci si alzava alle
6……
La nostra
preside ci diceva “Nessuna è obbligata di venire nella mia scuola. Il compito
della mia scuola e di preparavi a poter entrare in qualsiasi facoltà di
qualsiasi università. Quelle che vogliono fare pianoforte o balletto o hockey
hanno sbagliato indirizzo. Voi siete qui per studiare e solo studiare. Ma
nessuno vi obbliga a stare qui. Se rimanete significa che siete d’accordo col
regime di “disciplina liberamente consentita”…
Era così,
era prima della rivoluzione di Vaticano II e del 1968, era lo stile “Vieille
France”, cioè il classicismo.
Perché insisto
così pesantemente su questo quadro?
Prima di
tutto perché questo, oggi non esiste più o forse ancora nelle scuole private
riservate alle “élites”. Prima del 1968 tutti i bambini avevano la possibilità
di beneficiare del miglior insegnamento e quindi accedere alle professioni più
esigenti. Oggi sono grata di aver potuto ricevere questa educazione e ne vado
fiera.
(Il sistema educativo europeo
è stato modificato alla Conferenza di Lisbona
nel 1999-2000 in modo da
produrre 90% di consumatori e 10% di quadri
– vedi JP Brighelli https://www.youtube.com/watch?v=xpPuloQdY0Q
https://www.youtube.com/watch?v=ra9nv8umSbk )
Claudio ed io avevamo ricevuto
lo stesso tipo di educazione e cultura.
Quale non fu la mia sorpresa il giorno in cui egli mi presentò
ad un suo amico dicendo:
“Questa è Anne, arrampica, però non le piace Johnny…” Al ché tutti e due fecero una
brutta e triste smorfia… Johnny Hallyday…
Certo,
conoscevo Johnny, chi non lo conosceva, però agli standard delle nostre
famiglie, educazione e cultura… Johnny… era scadente sia dal punto di vista
musicale colle urla da rock and roll… che letterario colle parole da
analfabeti… eppure, Claudio era fanatico adoratore di Johnny…
Era la grande
epoca dei Jacques Brel, Georges Brassens, Léo Ferré, non solo grandi poeti ma
anche grandi musicisti… Ma Johnny… nooo…
Lo presi come
uno scherzo, un atteggiamento ridicolo quasi uno snobismo… ma comunque niente
di serio, una gag alla quale stavano tutti i fan che giravano attorno a Claudio a Freyr. Era come la parola d’ordine
di una società segreta…
È solo lentamente, progressivamente, che iniziai a fare più attenzione a questa
Johnnymania…
Non so quando Claudio aveva iniziato la sua passione per Johnny, probabilmente fin dal primo disco.
Claudio aveva fatto il servizio militare nel 1958, anno
della prima canzone di Johnny: “Je suis seul, désespéré”: sono solo, disperato…
https://fr.wikipedia.org/wiki/Liste_des_chansons_interprétées_par_Johnny
Per le date delle canzoni
mi baso sulle informazioni di Internet, comunque qualche variazione non cambia il fondo. Una data è certa: quella della sua
prima “performance” in télévisione il 18.IV.1960 https://www.youtube.com/watch?v=u7ZXSVaAIEg
Ovviamente,
all’epoca, un ragazzo di 15 anni (Johnny era nato nel 1943) che urla sul palco
“sono solo, disperato”… fece scalpore… Per tutti gli adolescenti che vivevano
la loro “crisi adolescenziale”, io compresa, fu un colpo di fulmine: un ragazzo
come noi urlava il suo disaggio sul palco, osava urlare che era solo,
disperato…
Gli adulti
furono scioccati: ma come? un ragazzino fa la rock star, si arrotola sul palco
e urla parole rivoluzionarie, provocatorie, completamente all’opposto della
buona educazione? Che cosa succede?
Già il rock
and roll era inconcepibile… Già c’era la follia attorno ad Elvis Presley… che
aveva registrato la sua prima canzone nel 1953.
Johnny, fin
dalla sua prima canzone, “sono solo, disperato” aveva colpito la gioventù al
cuore, aveva espresso il disaggio adolescenziale e diventò “l’idolo dei
giovani” e lo rimase. Anzi rimase l’idolo di questi adolescenti che erano
diventati adulti e gli rimasero fedeli fino alla suo morte ed anche oltre visto
il perdurare del suo successo. Johnny ebbe funerali di stato ritrasmessi per
televisione, con milioni di fan presenti e gli altri incollati al televisore,
io compresa.
Il personaggio
di Johnny è interessante. Grosso modo egli fu abbandonato da suo padre e sua
madre era una “artista”. Difatti, il bambino nacque e crebbe in un ambiente “artistico” di musica, palco, spettacolo, vita “alternativa”, vero saltimbanco corpo e anima. In
pratica, a quindici anni, egli aveva già quindici anni di carriera artistica
alle spalle.
Quindi, nel
1958 quando Johnny urla che è solo, disperato, Claudio a 20 anni ed è a
militare. Cioè dalla famosa pagella del 1952, sono passati 6 anni di drammi: conflitti
con le scuole ed incomprensione coi suoi genitori
che non
capirono mai
perché di punt’in bianco il loro figlio smise di studiare e non fece più
nient’altro che arrampicare su rocce…
Sua mamma,
anche se non era d’accordo con l’andazzo del figlio, tentò di trovare un modus
vivendi mentre il suo padre rimase inflessibile.
Se Claudio
fosse stato un ragazzino “normale” la sua passione per Johnny non sarebbe
comprensibile, invece se si ipotizza che a scuola abbia o subito o assistito a
“violenze” delle quali non gli era possibile parlare, si apre una tutt’altra
prospettiva.
Claudio si trovava davanti ad un
muro, non aveva nessuno a chi poter spiegare il suo problema: era veramente da
solo a portare il “segreto” che gli rodeva l’anima. Dal 1955 Claudio fu socio
del Club Alpino Belga e frequentò le falesie di Freyr dove poté sfogarsi
in roccia e coi compagni,
ma nemmeno lì poteva parlare dei suoi problemi
intimi. I suoi compagni non sapranno mai nulla della sua situazione né intima,
né di famiglia. Certo, si sapeva che non lavorava ma niente di più. Si
raccontava che aveva ereditato da sua nonna o
da uno zio ricco in America… Quando la gente non sa, inventa…
Ed ecco di botto
la canzone di Johnny, ma che cosa dice?
Je suis seul Désespéré Quand je les vois par la main Tous
les amoureux moi je sais bien Cet
amour-là je ne le connaîtrai pas Il ne sera jamais pour moi Je suis seul
Désespéré Tu as beau parler d'amour Je suis seul presque toujours Au milieu
de mes tourments Je me dis
que tu me mens La vie,
la vie c'est bien joli Moi
j'ai peur d'être un jour trahi Et ton amour, tu peux me jurer Je sais bien
qu'un jour tu me feras crier Je suis seul suis seul Désespéré Je suis seul
Désespéré Source : LyricFind
Traduzione
Sono solo
Disperato Quando li vedo (tenendosi) per mano
Tutti gli amanti io lo so bene Questo amore non lo conoscerò Non sarà mai per
me Sono solo Disperato puoi ben parlare
d'amore Sono quasi sempre solo In mezzo ai miei
tormenti mi dico che mi stai mentendo La vita, la vita è ben bello Ho paura di
essere tradito un giorno E il tuo amore, puoi giurarmelo So benissimo, giorno mi farai urlare sono solo sono solo
disperato sono solo disperato Fonte: LyricFind
Mi confidò che
aveva pianto molto perché aveva da sempre saputo che visto che non lavorava,
che non aveva né professione, né stipendio, non avrebbe mai potuto sposarsi né
avere una famiglia, aveva pianto perché non avrebbe mai avuto figli…
Nel 1962, Johhny canta che è “l’idolo dei giovani”.
Nel 1961,
Claudio ha realizzato il concatenamento delle Tre Cime, nel 1962 è all’apoteosi
della sua attività, va da un impresa straordinaria a un'altra… ed è in qualche
modo l’idolo dei giovani rocciatori.
Johnny canta: “La gente mi chiama l'idolo dei giovani C'è anche
qualcuno che mi invidia. Ma se nella vita sapessero quanto sono solo,
quanto sono solo…” https://www.youtube.com/watch?v=fiFYcBrpQAo
Les gens m'appellent l'idole des jeunes Il en est même
qui m'envient Mais ils ne savent pas dans la vie Que parfois je m'ennuie Je
cherche celle qui serait mienne Mais comment faire pour la trouver Le temps
s'en va, le temps m'entraîne Je ne fais que passer Dans la nuit je file tout seul de ville en ville Je
ne suis qu'une pierre qui roule toujours J'ai bien la fortune et plus et mon
nom partout dans la rue Pourtant je cherche tout simplement l'amour Plus d'une
fille souvent me guette Quand s'éteignent les projecteurs Soudain sur moi elles
se jettent Mais pas une dans mon coeur Dans la nuit je file tout seul de ville
en ville Je ne suis qu' une pierre qui roule toujours Il me faut rire et danser
puis le spectacle terminé S'en aller ailleurs au lever du jour Les gens
m'appellent l'idole des jeunes Il en est même qui m'envient Mais s'ils
pouvaient savoir dans la vie Combien tout seul je suis Combien tout seul je suis
Source : Musixmatch
La gente mi chiama
l'idolo dei giovani. C'è anche chi mi invidia Ma non lo sanno nella vita Che a volte mi annoio cerco quella che
sarebbe mia Ma come la trovo Il tempo passa, il tempo mi porta via, sono solo
di passaggio. Nella notte vado da solo di città in città Sono solo una pietra
che rotola sempre, ho una fortuna e anche di più e il mio nome è ovunque Eppure
cerco semplicemente l'amore Più di una ragazza spesso mi aspetta Quando i
riflettori si spengono All'improvviso si lanciano su di me Ma nessuna nel mio
cuore Di notte vado solo di città in città Sono solo una pietra che rotola
sempre, devo ridere e ballare, poi lo spettacolo finisce All'alba vai da
qualche altra parte La gente mi chiama l'idolo dei giovani C'è anche qualcuno
che mi invidia. Ma se nella vita sapessero quanto sono solo, quanto sono solo…
Sempre di più Claudio va ai festival e ai concerti sia
dei Rolling Stones che di Johnny.
Qui s’inserisce l’épisodio del suo ciondolo:
Il ciondolo
o come nasce la leggenda
Non dico che
non ci sono stati altri ciondoli o altre pietre o collane, dico che su nessuna
foto si vede Claudio con un altro ciondolo, pietra o collana come quello sulla
foto con Lino Lacedelli alle Tre Cime il 9.VII.72
Nelle sue cose non ho trovato
nessun’altro né ciondolo, né pietra. Quindi
voglio raccontare la storia del ciondolo
che ho qui davanti a me.
Claudio aveva trovato in Johnny
Hallyday un anima gemella perché cantava “sono
solo, disperato…”
Claudio aveva scritto
a Johnny per chiedergli di arrampicare insieme,
ma Johnny aveva risposto, no
grazie…
Comunque Claudio seguiva
i dischi e i concerti
con passione.
Tra queste canzoni ce n’è una bizarra… dal testo caotico e assurdo : Voyage au pays des vivants 1969 Viaggio al paese dei vivi 1969
Le jour de ma naissance Il giorno
della mia nascità Un scarabée est mort uno scarabeo
è morto
Je le porte
autour de mon Fleur de porcelaine Aux parfums interdits Je n'accepterai que
les fous |
cou |
lo
porto al collo fiore di porcellana dai profumi vietati non accetterò che i pazzi |
Je ne recommencerai jamais ce que j'ai fait Oh
non, non, oh ! |
|
Non ricomincerò mai ciò che
ho fatto Oh no… |
Jouets de soldats morts Poursuivant
des enfants Ils courent dans ma direction
Rêvent de musique Aux couleurs de cristal Qui réclament ma protection |
|
Gioccatoli di soldati morti che inseguino bambini corrono nella mia
direzione sognano di musica dai colori di cristallo che chiedono la mia protezione |
Je ne recommencerai jamais ce que j'ai fait Oh non, oh ! |
|
|
Les bras du soleil Aux ongles de diamant Ont capturé mon esprit Sous un ciel de feu Mes souvenirs
d'amour Reviennent autour de ma vie |
|
Le
braccia del sole dalle unghie di diamante hanno
catturato il mio spirito sotto un cielo di fuoco i miei ricordi d’amore ritornano attorno alla mia vita |
Je ne recommencerai jamais ce que j'ai fait Oh non, oh ! |
|
|
Voleur d'étincelles Et fabricant de fièvres
Viendra pour arrêter le temps Et la mort vaincue, Non, n'aura
pas d'empire Dans le pays des vivants |
|
Ladro di
scintilli e fabricante delle febbri verrà per fermare il tempo e la morte
sconfitta no, non avrà impero nel paese
dei vivi… |
Je ne recommencerai jamais Non
ricomincerò mai ce que j'ai fait ciò
che ho fatto…
Non, non, non, non, non jamais Je ne recommencerai jamais...
Je ne recommencerai jamais non non non
Je ne recommencerai Jamais
Jamais, non, jamais !
https://fr.wikipedia.org/wiki/Voyage_au_pays_des_vivants
Long Chris, l’autore di queste parole spiega che aveva
trovato sul mercatino un ciondolo di vetro nel quale c’era un vero scarabeo e
inciso al retro la data 15 giugno 1943, che, coïncidenza, è quella della
nascita di Johnny…
Il resto del testo sono immagini psichedeliche, spiegate
dalle parole No, no non ricomincerò mai più… con il LSD, l’hashish, ecc… no, no
non ricomincerò mai ciò che ho fatto…
Per Claudio non si tratta di LSD ma delle sue salite: No,
no non ricomincerò mai più quello che ho fatto…
Un giorno mi aveva fatto vedere il famoso ciondolo. È un
disco metallico di 37 mm di diametro con, nel centro, uno scarabeo di ceramica/porcellana?
tipo Egitto antico, largo 10 mm e lungo 15 mm, sospeso ad un laccio di cuoio.
Quando gli chiesi dove l’aveva trovato mi rispose che
l’aveva comperato… sul mercatino…
20€ su https://www.catawiki.com/fr/l/71285835-broche-pendentif-argent- 17-g-5-cm-egypte-milieu-du-xxe-siecle
La leggenda racconta che gli era stato regalato da una
ragazza, e certi aggiungono “durante il Festival dell’isola di Wight…” https://www.dailymotion.com/video/xjxi3f
Purtroppo il
Festival dell’isola di Wight si tenne tra il 26 e 31 agosto 1970 allorché
Claudio era nelle Dolomiti a fare, il 25 VIII 70 la via Zeni al Ciavazes con Armin e il 31
VIII 70 la Pederiva al Pordoi con Maurice Fayolle (vedi elenco delle vie)
All’epoca, non aveva né i soldi, né i mezzi di trasporto
“quantico” che gli avrebbero permesso di passare dal 25 al 26 agosto dal Pordoi
a Wight ed essere il 31 agosto sia a Wight che al Pordoi…
Un altro elemento è decisivo: Claudio notava più
scrupolosamente nei suoi quadernetti i concerti di Johnny che le vie percorse,
se fosse andato a Wight l’avrebbe certamente segnato da qualche parte.
Purtroppo non c’è.
Questo per lo scrupolo di esattezza tanto caro a Claudio.
Se poi qualcuno preferisce sognare Claudio al Festival di Wight con una bella
ragazza che gli regala un ciondolo… questa è un’altra storia…
Anna Lauwaert – 30.IX.23
Il 12 dicembre 1976 Johnny venne a cantare a Bruxelles.
Claudio comperò due biglietti, i meno cari, perché bastava poter entrare nella
sala, per il resto, se ne occupava lui… Difatti! Mi disse di vestire un vecchio
jeans, una vecchia camicia, vestiti che si potevano stracciare e scarponi…
ovviamente niente borsetta, niente che si potesse rubare o perdere e
soprattutto avere le mani libere…
Quindi quella sera eravamo tra i primi ad aspettare
davanti all’entrata. Quando le porte
furono aperte, in un baleno, Claudio mi prese per mano e, scavalcando sedie,
gente, servizio d’ordine e tutto il resto, mi trascinò, in un salto, al primo
rango, direttamente dietro alle transenne, mi disse di aggrapparmi con forza
alle transenne e di in nessuno modo lasciarmi strappare via dal mio posto… Io
finì per stare in piedi su di una sedia e di calpestare delle mani… comunque
eravamo al primo rango, davanti a noi i bodyguard e poi il palco… e Johnny a 5
metri… Bèh si… fu grandioso… Appena si entrava nella regola del gioco, si
veniva trasportato dal carisma di Johnny, addirittura dal fascino della sua
musica e così iniziai a capire Claudio.
Tra le parole
delle canzoni ce n’erano di sconcertanti ed anche sconvolgenti. Esempi:
“Requiem pour un fou”, requiem per un pazzo: un uomo ha
uccido la donna che ama a causa del suo amore troppo grande… “L’amavo tanto che
per tenerla l’ho uccisa”… Non sono parole proprio
politicamente corrette e forse oggi
non si potrebbe più cantarle: si verrebbe condannato per incitazione e apologia
di femminicidio.
Era prima della
rivoluzione-culturale-cinese europea. https://www.youtube.com/watch?v=dkdRuWFzuL4
Je vous préviens, n'approchez pas Que vous soyez flics ou
badauds Je tue celui qui fait un pas Je ne ferai pas de cadeau Éteignez tous
vos projecteurs Et baissez vos fusils
braqués Non, je ne vais pas m'envoler sans elle Dites au curé, dites au pasteur
Qu'ailleurs, ils aillent se faire pendre Le
Diable est passé de bonne
heure Et mon âme n'est plus à vendre Si
vous me laissez cette nuit À l'aube je vous donnerai ma vie À quoi me servirait
ma vie sans elle? Je n'étais qu'un
fou, mais par amour Elle a fait de moi un fou, un fou d'amour Mon ciel
c'étaient ses yeux, sa bouche Ma vie, c'était son corps, son cœur Je l'aimais tant que pour la garder, je
l'ai tuée Pour qu'un grand amour vif toujours Il faut qu'il meurt, qu'il meurt
d'amour Le jour se lève, la nuit
pâlit Les chasseurs et les chiens ont faim C'est l'heure de sonner l'hallali La
bête doit mourir ce matin Je vais ouvrir grand les volets Crevez-moi le cœur,
je suis prêt Je veux m'endormir pour
toujours près d'elle Je n'étais qu'un fou, mais par amour Elle a fait de moi un
fou, un fou d'amour Mon ciel c'étaient ses yeux, sa bouche Ma vie, c'était son
corps, son cœur Je l'aimais tant que pour la garder, je l'ai tuée Je ne suis qu'un fou Un fou d'amour, un pauvre
fou Qui meurt Qui, meurt d'amour, oh-oh-oh-oh
Source : Musixmatch Traduzione:
Vi avviso, non avvicinatevi. Che siate poliziotti o
curiosi, ammazzo chiunque faccia un passo
Non farò regali
Spegnete tutti i riflettori E abbassate le pistole puntate No, non vado volare via
senza di lei Dillo al prete, dillo al pastore Che altrove vanno a impiccarsi Il
diavolo è arrivato presto E la mia anima non
è più in vendita Se stasera mi lasci All'alba ti darò la mia vita A cosa
servirebbe la mia vita essere per me senza di lei? Ero solo un pazzo, ma per
amore Lei mi ha fatto un pazzo, un pazzo d'amore Il mio cielo erano i suoi
occhi, la sua bocca La mia vita era il suo corpo, il suo cuore L'amavo finché
per tenerla, l'ho uccisa Così che un grande amore vive sempre Deve morire, deve
morire d'amore Il giorno sorge, la notte tramonta I cacciatori e i cani hanno
fame È ora di suonare l'hallali La bestia deve morire stamattina Spalancherò le
persiane Spezzami il cuore, sono pronto Voglio addormentarmi per sempre accanto
a lei Ero solo un pazzo, ma per amore Mi
faceva impazzire, impazzire d'amore Il mio cielo erano i suoi occhi, la sua
bocca La mia vita era il suo corpo, lei cuore L'ho amata tanto che per
mantenerla l'ho uccisa Sono solo un pazzo Un pazzo d'amore, un povero pazzo Che
muore Chi muore d'amore, oh-oh-oh-oh
Johnny inizia sul palco a 17 anni, ha una carriera di 57
anni, ha tenuto 3253 concerti, 79 albums registrati, 23 films e muore il
5.XII.2017
Quasi tutte le sue canzoni sono dei successi,
qualcuna però spicca
come Gabrielle…
https://www.youtube.com/watch?v=LsoctV9emQg Gabrielle, mi bruci la mente, il tuo amore strangola la mia vita E l'inferno diventa come la speranza
Perché nelle tue mani muoio
ogni notte
Voglio condividere qualcosa
di diverso dall'amore nel tuo letto E ascolta la vita e non rimanere
più senza fiato sotto le tue grida Oh finito, finito per me
Non voglio più vedere
la mia immagine nei tuoi occhi
Dieci anni in catene
senza vedere la luce, fu la mia condanna per amore
E buona fortuna a chiunque voglia il mio posto
Dieci anni in catene
senza vedere la luce, fu la mia condanna per amore
Mi sono rifiutato di morire d'amore in catene
Gabrielle, fluttui
nel mio cuore, è un'illusione di dolcezza E tu
canti, è una voce di bambino
Con cui mi congeli il sangue
Voglio spiegarti che confondi
il giorno e la notte Vorrei avvicinarmi a te, ma tu mi volti le spalle e scappi
Oh, sai davvero cosa vuoi fare?
Non sarò più schiavo della tua carne
Dieci anni in catene
senza vedere la luce, fu la mia condanna per amore
E buona fortuna a chi vuole il mio posto, sì, il mio posto
Dieci anni in catene
senza vedere la luce, fu la mia condanna per amore
Mi sono rifiutato di morire d'amore in catene
Mi sono rifiutato di morire d'amore
in catene Mi sono rifiutato di morire d'amore
in catene Fonte: LyricFind
Però durante
il concerto con Claudio, Johnny ne cantò una del 1971 che diventerà forse la più bella: “Que je
t’aime” Quanto ti amo https://www.youtube.com/watch?v=V_o05vQEpQE https://www.youtube.com/watch?v=7LgMsR-jI1k https://www.youtube.com/watch?v=PfGstMC6neY
Quando i tuoi capelli si
allargano Come un sole estivo E il tuo cuscino Sembrano campi di grano Quando ombra e luce Disegna sul tuo
corpo Montagne, foreste E isole del tesoro Che ti amo, che ti amo, che ti amo
Che ti amo, oh che ti amo Quando la tua bocca è morbida
Quando il tuo corpo diventa duro Quando il cielo nei tuoi occhi All'improvviso
non più puro Quando le tue mani vorrebbero Quando le tue dita non osano
Quando la tua modestia
dice di no Con una voce molto
piccola
Che
ti amo, che ti amo, che ti amo Che ti amo, che ti amo, che ti amo Quando non ti senti
più figa E diventi un cane femmina
E quando il lupo
chiama Finalmente spezzi le tue catene Quando il tuo primo respiro Finisce con un urlo Quando sono io a dire di no Quando sei tu a dire di sì Oh
quanto ti amo Oh, ti amo Quando il mio corpo sul tuo corpo Pesante come un
cavallo morto Non lo so, non lo so più Se esiste ancora Quando abbiamo fatto l'amore
Come gli altri fanno la guerra Quando sono il soldato Chi muore
e chi lo perde Che ti amo, che ti amo, che ti amo Che io ti amo Che io ti amo
Fonte: LyricFind
Quindi quella sera del 12 dicembre 1976, Claudio ed io
eravamo a un concerto come quelli che vedete sui video. Io aggrappata alla
transenna e Claudio alla mia destra… eravamo tutti e due “in trans”… quando
echeggiarono le prime note di “que je t’aime”, Claudio mi afferrò, mi strinse
tra le braccia follemente.
È così capii che per Claudio le parole di Johnny non
erano solo parole di canzoni, artificiali, messe insieme per cercare la rima.
Per Claudio non era “secondo grado” bensì parole vere, al primo grado, dette
così senza veli, né pudore, parole al loro senso primordiale…
Poi Johnny cantò una canzone uscita il 30 giugno del 1976
e che si vede nel video proprio come noi l’abbiamo vista e vissuta… e nella
quale le parole erano ancora più esplicite: “amami
più forte, impediscimi di distruggermi” e
durante la canzone Claudio si mise a vibrare, fremere, tutto il suo essere
tremava e mi stringeva sempre più forte… Era fuori di sé…
Ma l’avrei
veramente capito solo anni più tardi…
https://www.dailymotion.com/video/xnfe2
1976 (Pallavicini / T. Cutugno
/ adapt P. Delanoe)
Dietro l'amore
Derrière l'amour Il y a Tout une chaîne De pourquoi
Questions que l'on se pose Il y a des tas de choses Des pleurs qu'on garde sur le cœur Et des
regrets et des rancœurs Des souvenirs éblouissants Et des visions de néant
Donne- moi donne moi ton corps Pour y vivre et pour y mourir Aime-moi, aime-moi
plus fort Empêche-moi de me détruire Derrière
ton amour Qu'est-ce qu'il y a
Qui est cette femme
auprès de moi Quand tu me dis je t'aime Est-ce
bien moi que tu aimes Et lorsque tu me fais l'amour Est-ce que tu fais
vraiment l'amour Derrière ce grand
rideau noir Tu m'interdis d'aller voir Donne-moi donne moi ton corps Pour y
vivre et pour y mourir Aime-moi, aime-moi plus fort Empêche-moi de me détruire J'ai besoin de tes mains sur moi Et de ton souffle
et de ta voix De tes joies de tes plaintes De tes cris de tes craintes J'ai tant besoin de ton corps Donne-moi
donne moi ton corps
Pour y vivre et pour y mourir Aime-moi, aime-moi plus fort Empêche-moi de me détruire
Traduzione
1976 (Pallavicini / T. Cutugno
/ adattamento P. Delanoe)
Dietro l'amore
Dietro l'amore C'è Un'intera catena Perché Domande che ci
poniamo Ci sono molte cose Grida che
portiamo nel cuore E rimpianti e risentimenti Ricordi abbaglianti E visioni del
nulla Dammi, dammi il tuo corpo Vivere lì e morire lì Amami, amami più forte
Impediscimi di distruggermi Dietro il tuo amore Chi è questa donna accanto a
me? Quando mi dici che ti amo Sono davvero io quello che ami? E quando fai
l'amore con me Stai davvero facendo
l'amore? Dietro questa grande tenda nera Mi proibisci di andare a vedere Dammi,
dammi il tuo corpo Vivere lì e morire lì Amami, amami più forte Impediscimi di
distruggermi Ho bisogno delle tue mani su di me
E con il tuo respiro e la tua voce Delle tue gioie
delle tue lamentele Dei tuoi pianti delle
tue paure Ho così tanto
bisogno del tuo corpo
Dammi, dammi il tuo corpo Vivere
lì e morire lì Amami,
amami più forte Impediscimi di distruggermi
Il concerto di Johnny, per me, fu una rivelazione perché
aveva svelato il fondo dell’anima di Claudio: “sono solo, disperato, amami più
forte, impediscimi di distruggermi…”
Claudio era rimasto grande ammiratore dei classici
francesi. Nel 1975, durante un
viaggio coi suoi genitori, a Saint Malò, egli non aveva dormito nella stanza
riservata in albergo ma era andato col saccopelo a bivaccare al piede della
tomba di Chateaubriand per “riposare in faccia all’oceano come il grande uomo”…
Con le parole delle canzoni di Johnny sotto gli occhi è
chiaro che questo non è poesia al senso della poesia che noi abbiamo studiata a
scuola, cioè testi degni del titolo
di poesia, che siano poi i classici
francesi o italiani…
Le
canzoni di Johnny non sono né Baudelaire, né Carducci, e
nemmeno Pascoli… e nemmeno i testi dei cantautori come Fabrizio De André, Paolo
Conte, Luccio Dalla o tanti altri straordinari poeti degni di questo titolo...
Quindi, nel caso Johnny, non era l’arte della poesia, la
raffinata forma poetica che interessava Claudio bensì il senso primario delle
parole e il coraggio di gridarle apertamente, senza ritegno, paura, pudore… un
po’ come quando Zucchero canta: “ho bisogno d’amore,
per dio…” ma Zucchero è più blando, educato, elegante… Johnny è più
“écorché vif” scuoiato vivo, l’anima straziata, a nudo…
Claudio stesso non riusciva a dirlo, ma riusciva a
gridarlo attraverso le canzoni di
Johnny… Difatti, Claudio non era mai diventato adulto. La sua anima era rimasta
prigioniera della sua infanzia, adolescenza.
Oggi si direbbe che non aveva superato lo shock post traumatico… il ché va nel
senso della mia ipotesi.
Alla fine del 1976, era uscito un disco che non ebbe
successo e ritracciava la storia di Hamlet col tema principale “Je suis fou…”
(sono pazzo). Era un opera rock ma che fu abbandonata a causa del flop del
disco.
Per Claudio, il tema della pazzia era molto presente ed
egli si autodefiniva “paranoico” e diede questo nome ad una delle ultime vie
che aprì nel massiccio di Freyr.
Qualche
brano di Hamlet: https://www.youtube.com/watch?v=ibmJX-tGAO0 https://www.youtube.com/watch?v=w-X5OsbXaMc https://www.youtube.com/watch?v=CYXVHenesQU https://www.youtube.com/watch?v=rMbvYhYdiqk https://www.youtube.com/watch?v=6a3969YS4f0
Ero riuscita a
procurarmi il disco e lo ascoltammo durante la vigilia di Natale. Claudio
doveva presenziare alla cena coi suoi genitori. Io lo aspettavo nel suo
appartamento accanto. Durante tutta la cena egli si serviva, poi, col bicchiere
di champagne, faceva un andata col piatto pieno. da me e ritornava col piatto
vuoto. Ci divertimmo…
Quando molto
più tardi lo raccontai a sua madre mi rispose che non avevano capito quel
curioso comportamento ma siccome egli sembrava felice, i suoi genitori non
osarono fare domande per paura degli scatti di malumore che spesso rovinavano
la loro convivenza.
Con l’uscita del libro di Monica Malfatti che come titolo
riprende le parole angosciate di Claudio, “Dimmi che mi ami”… mi sono tornate
in mente queste parole delle canzoni di Johnny… parole che erano state dei
gridi di aiuto, degli SOS d’amore… e che s’iscrivono nella mia ipotesi di
dramma vissuto durante la sua infanzia… Parole che nessuno aveva prese sul
serio…
Come già
detto: nei documenti di Claudio
trovai un cartoncino che tra il 1968 e il 1973 elenca 23 nomi
femminili con una statistica sotto forma di segni: cerchietto, crocetta,
stellina ecc a destra dei nomi… Erano state amiche molto intime. Purtroppo nessuna di noi è stata capace ad
ispiragli fiducia al punto di permettergli di vuotare il sacco…
Claudio muore da solo, cadendo da una falesia lungo la
Mosa, non a Freyr, ma in un massiccio che si chiama “le Paradou” il paradiso… aveva
39 anni, come Emilio Comici…
Claudio aveva soccumbuto a, come diceva Pavese, “il
cancro che rode l’anima”, perché nessuno aveva ascoltato cosa dicevano le
parole.
Anna Lauwaert
12.IV.24
I testi
delle canzoni e le traduzioni provengono da Internet
e Youtube.
I
- Perché l’alpinismo? (alpinismo “commerciale” escluso)
Prima viene
la domanda: “Alpinismo, perché?” Poi segue la risposta: “Alpinismo perché:…”
Però adesso segue un’altra domanda: “Perché l’alpinismo?”
Perché, una
persona, per rispondere ai suoi tormenti esistenziale sceglie l’alpinismo
invece della barca a vela o della bicicletta? E vice versa “Perché una persona
sceglie la bicicletta invece dell’alpinismo?” Anzi, quale è la differenza tra arrivare in cima ad una montagna, lungo
il versante erboso, con la bici ed arrivare sulla stessa cima però percorrendo
l’altro lato cioè la parete rocciosa?
Noi, nativi
delle Fiandre, siamo a pochi kilometri dal mare, invece a 1000km dalla montagna.
I nonni di Claudio erano di Loppem
a 25km da Ostenda. Suo
nonno era stato
sindaco di questa città. Sarebbe stato logico e facile di praticare barca a
vela, invece, perché la montagna?
Claudio scopre
la montagna durante
i viaggi coi suoi genitori
che lo affidano a Lino
Lacedelli per le sue prime arrampicate.
Che cosa ha fatto che ci avesse preso gusto?
Similmente,
ho scoperto la montagna all’occasione di una vacanza decisa mio malgrado. Per
me “vacanze” significava un mese sdraiata sugli scogli a cuocere al sole o
sguazzare nel mare caldo.
In Sud Africa, avevo visto le montagne Drakensbergen (montagne dei draghi) e la
Table Mountain di Cape Town ma non mi avevano fatto impressione. Invece,
entrando nel Vallese, trovarmi di fronte ai picchi innevati delle Dents du
Midi, fu il colpo di fulmine. Durante le nostre passeggiate, anzi vere
escursioni, mi venne l’ossessione di voler andare sulle cime. Così, finalmente,
raggiunsi il Club Alpino Belga ed andai ad arrampicare a Freyr nell’intento di
allenarmi per andare sulle cime, camminando, si, ma, più bello ancora, arrampicando…
Suppongo che
anche Claudio abbia avuto quella stessa attrazione per le cime, però, più che
l’andare sulle cime, gli importava l’arrampicare sulle pareti per raggiungere
le cime, vale a dire che la via era più importante della meta.
Però c’è una grande differenza tra barca a vela, bicicletta o altro sport
e la montagna/roccia. Con la barca a vela c’è di mezzo la barca, come c’è di mezzo la bicicletta o il pallone
o il paracadute, ecc… Invece in roccia c’è
come dice Desmaisons: “La montagna
a mani nude”… cioè il contatto
diretto corpo a corpo con la roccia, con la montagna. È un rapporto carnale,
estremo. Se la barca affonda
c’è il salvagente e magari
il dingi; se la bici si
rompe, si continua a piedi… Invece in roccia o semplicemente in montagna, si è nudo, indifeso
e basta un brusco cambiamento meteorologico per
provocare la tragedia come al Frêney… Qui, al Naret, diverse persone sono morte di freddo e sfinimento a 100m dalla
macchina a causa della nebbia… Su di una parete rocciosa basta che si stacchi
un appiglio o che cada un sasso o una manovra
sbagliata per provocare
la caduta. Il ché conferisce il valore sacro al
compagno di cordata perché egli è il garante della vita.
La Montagna
possiede una componente morale e mistica. L’alpinismo non è uno “sport”.
Difatti, la montagna è la dimora degli dei ed è quando
Mosè sale sulla montagna che Dio gli
parla.
Il fascino
della montagna risiede nel suo carattere estremo: l’assoluto silenzio, la
totale solitudine, il legame vitale tra i due membri di una cordata che sono
responsabili della vita, reciprocamente, ma anche l’intensità di questo legame
al punto di non aver bisogno di parlare e di sentire solo al movimento della
corda come prosegue il compagno e quindi come prosegue la roccia stessa.
Infine,
stare sulla cima di una montagna significa stare sul confine tra la terra e il cielo, l’universo: è stare sul bordo
del infinito, anzi, i piedi toccano terra ma il corpo sta nell’infinito.
La magia della
montagna risiede nelle sue energie:
i corsi d’acqua, laghi, grotte sotterranei, il magnétismo delle rocce
con alto tenore di metalli come il ferro o addirittura la radioattività.
La sintonizzazione della nostra energia
con quella della
montagna, ci permette di uscire dai nostri limiti
corporei e scioglierci con lei al punto di perdere la consapevolezza del nostro
corpo e, liberati dagli ormeggi, essere parte dell’energia cosmica..
L’universo
è composto da “particelle”. Queste particelle sono organizzate: qualche volta
formano astri, qualche volta gerani, qualche volta umani…
Il nostro
corpo è costituito da “particelle” organizzate, contenute dalla nostra pelle
che è una forma più densa di organizzazione di particelle, animato da energie
sottili come l’elettricità, il magnetismo o l’osmosi, che si muove
nell’universo che è, pure lui, una organizzazione di particelle.
Alla morte
l’organizzazione si disfa
e le particelle continuano la loro strada. La vita si spegne: il soffio,
l’anima se ne vanno nell’infinito.
Camminando
in montagna viene quello stato in cui la contenzione delle nostre “particelle”
si scioglie lasciandoci fluire nell’universo.
Non si ha più
né caldo, né freddo, né fame, né stanchezza. Non si sente nemmeno più né
pioggia, né neve. Non c’è più nessuna apprensione né della nebbia, né degli
orsi, né dei crepacci, si va in totale distacco con tranquilla certezza,
fiducia, pace…
È uno stato
di grazia simile a ciò che raccontano le persone che hanno vissuto un’intensa esperienza mistica o di
morte imminente e sono “usciti” dal
loro corpo, liberati dal suo impedimento, addirittura dalla consapevolezza del
proprio corpo.
Forse è,
inconsapevolmente, quel superamento del limite del nostro corpo che cerchiamo,
un diluirci nell’universo, un’aspirazione verso l’aldilà.
La tragedia di
Claudio era di “essere solo e disperato”, ma nel contempo viveva come lo dice
Comici: “la voluttà di superare, da solo, il vuoto e lo strapiombo”…
Quando
Terray parla della conquista dell’inutile, non è “l’inutile” ma piuttosto l’in-valorizzabile,
l’im-pagabile, l’in-finito. Non è nemmeno una conquista ma un raggiungimento,
una condivisione di uno stato di coscienza che supera la consapevolezza simile
alla meditazione trascendentale, alle esperienze di uscita dal proprio corpo
come viene studiata dalla CIA.
Saint-Exupéry,
che era uno dei primi piloti dei voli postali sopra il Nord Africa, fa dire al
Piccolo Principe che il suo corpo è una limitazione/impedimento del suo essere…
Claudio
aveva questi aspetti schizofrenici: da una parte la tragedia della solitudine,
il suo grido di bisogno d’amore e
nel contempo l’aspirazione verso quel “massimo” che sarebbe i Rolling Stones a
fondo ai piedi della Civetta ed essere da solo in parete…
Perché
l’alpinismo? Lo dice meglio Giorgio Livanos: alpinismo per andare al di là
della verticale, cioè, come potrebbe dire Heinz Steinkötter l’alpinismo è uno
slancio verso Dio.
Anna Lauwaert 8.V.24
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