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I perché di Claudio

 

“Alpinismo perché…” disse Marino Stenico…

 

Da quando, all’inizio del 1900, il re Alberto e la regina Elisabetta del Belgio arrampicarono nelle Dolomiti con le mitiche guide Antonio Dimai, Agostino Verzi, Tita Piaz… è cambiato tutto.

Oggi lo sport è diventato un settore importante dell’economia: equipaggiamenti, abbigliamenti, alimentazione, gare, sponsorizzazioni, infrastrutture, stampa, turismo… e quindi, anche… “alpinismo, perché è un business…”

Il 5.IX.57, Claudio rinuncia a terminare la via, che diventerà la Philipp-Flamm, per soccorrere il suo compagno Dieter Marchart, colpito da sassi ma che, il giorno seguente, non avrà più nulla…

20 anni più tardi, nel suo libro “Dark shadows falling” del 1997, Joe Simpson spiega che chi ha pagato per farsi portare in cima ad una vetta himalayana, scavalca i compagni esausti, li lascia morire e prosegue per la sua strada…

Nel 1975 Messner e Habeler scalano l’Hidden Peak in stile alpino. Per tutto un giorno Claudio percorse Freyr brandendo una rivista alpina e proclamando “gli 8000 in stile alpino: è finito l’alpinismo”- L’ultima sfida era stata raggiunta, di più di cosi, non era possibile.

Non so più a chi fu chiesto perché andava in montagna e lui rispose “perché ci sono”

La domanda è ancora più pertinente quando viene rivolta ad una persona nata e cresciuta nelle pianure delle Fiandre, in riva al mare…

Con Claudio ce n’erano tanti di “perché?”…

 

Nel 2008 il mio libro “La via del Drago” ricevette una seconda edizione e nel 2009 il premio Leggimontagna.

Nel 2010, il festival “Tra le rocce e il cielo” di Vallarsa organizzò un incontro Claudio Barbier al quale parteciparono amici provenienti dal Belgio, Gran Bretagna, Francia… Quel giorno dovetti arrendermi all’evidenza: solo gli italiani avevano letto la biografia di Claudio: mancava una versione in francese…

Una traduzione non aveva senso perché mi ero indirizzata agli amici italiani. Mi toccava riscrivere il tutto rivolgendomi alla mentalità francofona: due anni di lavoro e… rivangare …

Cosi, dopo 15 anni, una volta di più, mi inabissai nelle scartoffie, nei ricordi e nei perché…

 

Una cosa era certa: in quella bellissima giornata soleggiata di primavera Claudio era morto, da solo… Non si capì mai se era stato incidente, omicidio o suicidio. Ma per me la domanda lancinante rimase “perché?”

Quindi ripresi le “scatole d’archivio” e ricominciai a spulciare lettere, biglietti, scarabocchi su cartoncini della birra… Per “La via del drago” mi ero focalizzata principalmente sull’aspetto alpinistico e avevo trascurato il lato umano. Ora, con 30 anni di maturazione, fui commossa dal lato psicologico…

Claudio non aveva tenuto un diario tipo quaderno scolastico, bensì, oltre ad un infinità di biglietti, egli aveva riempito taccuini, agendine, appuntini… con una scrittura piccola e quasi indecifrabile.

In un taccuino del 1975 egli aveva ricopiato questa frase del 25.III.50 di Cesare Pavese: “ Non ci si uccide per una donna. Ci si uccide perché l’amore, qualunque amore, ci rivela la nostra nudità, miseria, inermità, nulla” (Il mestiere di vivere p. 394)

Claudio mi aveva detto di aver pensato al suicidio, anzi a mascherare un suicidio in incidente. Egli aveva letto “Il mestiere di vivere” pubblicato nel 1952?

Alla mia partenza per la Svizzera, nel 1980, avevo lasciato tutti i nostri libri sul solaio della mia casa paterna. Ora, i miei genitori risiedevano in una casa per anziani e ci ritornavo durante lunghi periodi per occuparmi di loro. Quindi salii sul solaio per riaprire i 92 scatoloni di libri… Era tutto li, perfetto, con quel profumo di carta asciutta e vecchia e addirittura l’odore delle sigarette dei signori Barbier che aveva impregnato i libri che loro mi avevano regalati.

Sì, c’era “Il mestiere di vivere” in una edizione Einaudi del 1970, ma anche “L’échec de Pavese” di Dominique Fernandez e “Il vizio assurdo” di Davide Lajolo.

Perché Pavese si era suicidato due mesi dopo aver ricevuto il premio Strega e allorché la sua opera si stava affermando?

Mentre eravamo nelle Dolomiti, Claudio leggeva Moby Dick.

Nel romanzo di Melville, colpisce la stranezza e la simbolica dei nomi. Il narratore Ismaël (figlio ripudiato di Abramo) racconta la caccia, a morte,  del capitano Achab (ré empio e crudele di Israele) contro la balena bianca (simbolo di purezza) chiamata  Moby Dick. Libro che Pavese aveva tradotto.

“moby” significa grande, enorme impressionante.

“dick” significa in gergo “tipo” ma anche “pene”

“Moby Dick” è un physeter macro-ce-phalus… in inglese “sperm whale”. È il più grande carnivoro del mondo.

Vale a dire che “il grande pene puro è il più grande divoratore del mondo” …

E quindi il libro parla della lotta a morte dell’uomo empio e crudele contro le sue pure pulsioni sessuali?

Servirebbe uno studio su Melville e le sue intenzioni in questo libro, ma anche sul perché Pavese si era interessato a Moby Dick? Come mai, seduto di fronte alla Tre Cime, Claudio leggeva una storia di balena? Quale interesse per questo libro Claudio condivideva con Pavese? Era interessato a Moby Dick o a Pavese?

 

Claudio, nel “Mestiere di vivere”, avrà trovato numerose frasi scritte per lui, anzi, quel libro sembra scritto per lui.

p.59 “Tutti gli uomini hanno un cancro che li rode (…) Quasi tutti, pare, rintracciano nell’infanzia i segni dell’orrore adulto. Indagare questo vivaio di retrospettive scoperte, di sbigottimenti, questo loro angoscioso ritrovarsi prefigurati in gesti e parole irreparabili dell’infanzia.”  

 p. 70 “E in quest’anno è venuta al pettine la mia lunga e segreta vergogna…”

p. 374 “Dove sono le angosce, gli urli, gli amori dei 18-30 anni?”

p. 384 “L’idea del suicidio era una proposta di vita. Che morte non voleva più morire”

 p.398-399: “… il fallimento…

“La mia parte pubblica l’ho fatta – ciò che potevo. Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti (…)

In dieci anni ho fatto tutto. Se penso alle esitazioni di allora. Nella mia vita sono più disperato e perduto di allora. Che cosa ho messo insieme? Niente. Ho ignorato per qualche anno le mie tare, ho vissuto come se non esistessero. Sono stato stoico. (…) Non ho più nulla da desiderare su questa terra, tranne quella cosa che quindici anni di fallimenti ormai escludono.(…)

Ci vuole umiltà, non orgoglio. Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più.”

 

“Sono disperato e perduto” come cantava Johnny Hallyday: “Sono solo, disperato” come lo ripeteva Claudio …

 

Quella mattina del 27 settembre 2010, nella casa paterna, stavo sorseggiando il mio caffè ascoltando il notiziario. Il presentatore annunciò che abusi sessuali erano stati denunciati nella scuola dei Benedettini dove Claudio era stato allievo interno dal 1948 al 1952.

Fulmine a ciel sereno… Oddio! Di colpo, si affacciarono nella mia mente le stravaganze di Claudio: il suo odio dei preti, del colore verde, dei fiori recisi, della lingua fiamminga, della musica classica, e… quella volta ad Auronzo quando corse fuori a vomitare a causa di quel particolare odore animale provocato da formaggi fermentati in una stanzetta troppo calda e che sapevano di intimo sporco dopo una notte di sudore…

La scuola…

Ripresi le pagelle di Claudio. Dalla prima elementare era stato primo o secondo di classe fino alla pagella del 12 aprile 1952 che era disastrosa.

Claudio fu espulso ed andò dai Gesuiti à Bruxelles dove diventò ribelle. Finì il liceo classico latino-greco dai Gesuiti à Mons.

Nel 1953 coi suoi genitori aveva soggiornato a Pralognan dove aveva imparato quanto la neve è scivolosa ed aveva anche percorso la sua prima via di montagna con una guida.

Nel 1954 erano stati nell’Oberland Bernese e nel 1955 fu il colpo finale: le Dolomiti con Lino Lacedelli…

Quando fu iscritto alla facoltà di lettere, non presentò nemmeno gli esami: non aveva avuto il tempo di studiare perché aveva dovuto allenarsi per andare in montagna…

Durante il 1958 Claudio svolse il servizio militare nelle Truppe di Trasmissione nella armata belga di occupazione in Germania. Egli seguì i corsi di ripetizione nel 1961 e 1962, passò il brevetto di trasmissione in morse “14 parole di 5 lettere al minuto” e poté allenarsi nelle rocce di Marche-les-Dames coi para-commandos…

Però dal 1956 non fece più nient’altro che arrampicare…

Tornarono i perché?

Come mai un ragazzino normale, di una famiglia normale, è un brillante allievo fino al 12 aprile 1952 e poi, bruscamente non farà più nient’altro che arrampicare su rocce?

In Belgio, nel 1996 era scoppiato l’affare Dutroux di pedo-criminalità, poi nel 2010 il vescovo Van Geluwe dovette dimettersi… Un’inchiesta stimò a più di 5000 casi gli abusi sessuali nella chiesa fiamminga… Cosi si iniziò a parlare anche delle conseguenze per le vittime: la loro vita distrutta, prigionieri dell’impossibilità di parlarne e molti suicidi anche 20 o 30 anni dopo i fatti…

Claudio si qualificava di “grimpeur maudit” cioè arrampicatore maledetto in referenza ai poeti maledetti francesi Verlaine e Rimbaud… ma cosa stava dietro?

Tornarono i perché

Perché il bambino Claudio avrebbe potuto essere una preda?

Era nato nel 1938 e per via delle attività paterne aveva vissuto l’occupazione tedesca da vicino. Aveva influenzato il suo carattere?

Claudio era cresciuto in un ambiente protettivo e quindi era probabilmente ingenuo. Perché nelle sue lettere dal collegio ai suoi genitori sembrava andare tutto bene allorché stava per essere espulso?

Nel 1952, a 14 anni era l’età della ribellione…

 

Perché questi odi bizzarri?

Perché parole cosi crude e volgari quando parlava di sesso?

Perché certi suoi atteggiamenti (intimi) “dominatori”?

Perché le sue pazze arrampicate in solitaria ?

Perché, quella mattina del giorno della sua morte, prima di partire,  aveva lasciato un enorme mazzo di rose sul lavandino dai suoi genitori?

Un giorno mi disse che non aveva mai pensato a dover lavorare “con tutto quello che aveva fatto in montagna”… aveva pensato che sarebbe morto giovane…

E, se tutte queste stravaganze fossero, non caprici d’un figlio borghese viziato bensì l’espressione di  “un cancro che lo rodeva”…

Quella pagella del 12 aprile 1952 ha segnato una rottura: Claudio non è mai più stato “normale” ed ha sconvolto la vita dei sui genitori.

Claudio era stato testimone o vittima di violenze da parte di compagni o adulti? Era stato un altro dramma simile a “les amitiés particulières” di Roger Peyrefitte?

I biografi di Pavese parlano della sua infanzia infelice, dell’educazione severa, dei suoi problemi sessuali… Quale è la ragione di questi problemi? Anche lui era stato a scuola dai Gesuiti… e perché scrive di punt’in bianco nel “Mestiere di vivere” in data del 17 aprile 1946 “Nossignore. Non bisogna inculare i ragazzini…”

“Inculare i ragazzini” non è una figura di stile, è pedo-criminalità come era successo nella scuola dove Claudio aveva soggiornato.

 

Se Claudio, un appassionato di letteratura francese, si era inoltrato cosi profondamente nel pensiero di Pavese, non può non dimostrare una fratellanza nel “cancro che rode gli uomini”…

 

Nessun editore è stato interessato al mio libro: “Claudio Barbier: storia vecchia che non interessa più nessuno…”

L’ho fatto stampare in 200 esemplari per gli amici. L’ho mandato a diverse personalità nell’ambito dell’inchiesta sulla pedo-criminalità con la domanda: “Ci sono denunce che riguardano abusi sessuali in quella scuola durante gli anni 1950 quando Claudio ci era allievo interno?”

Passò un anno

Una sera il telefono squillò ed una persona disse: “Devo mantenere l’anonimato a causa della mia professione. Ho letto il suo libro. Volevo dirle che la risposta alla sua domanda è “si”…”

 

Il mio libro in francese provocò sconforto: Claudio non era stato un rivoluzionario di sinistra, un Che Guevara dell’alpinismo, bensì un fallito figlio borghese mantenuto dai suoi genitori… La mia ipotesi di abuso sessuale fece scalpore e provocò indignazione: il mitico alpinismo, il carismatico fuori classe, insultati dallo schifo: un blasfemo… psicanalisi da quatro soldi… autoproiezione dei propri fantasmi dell’autrice… Il mio libro finì in patumiera…

Eppure: “il cancro che rode la nostra anima”…  Magari, se avessimo avuto più tempo, avremmo potuto salvarci a vicenda?

 

Noi ammiriamo le imprese dei grandi alpinisti, ma raramente conosciamo le loro motivazioni profonde e la sessualità rimane uno dei peggiori tabù.

Perché Emilio Comici attingeva alla voluttà mentre superava “il vuoto e lo strapiombo”?

Cosa significava per Paul Preuss, non solo di essere stato un bambino malaticcio con una sindrome poliomielitica, ma anche di essere ebreo nel periodo storico dell’affare Dreyfus?

Marino Stenico diceva “le donne sono perfide” come lo scrive Pavese p.50… e poi pone la domanda “alpinismo perché?”…

Cosa significa la pagella del 12 aprile 1952 per Claudio?

 

Redigendo queste righe mi accorgo che La via del Drago racconta un aspetto della personalità di Claudio, Le Grimpeur Maudit aggiunge il lato più umano, il fumetto, per il conciso dei testi, coglie i tratti principali.

Lo studio di Monica, l’elenco delle vie di Claudio, la mia ultima ipostesi,  portano tasselli mancanti. 47 anni dopo la sua morte, il cerchio si chiude.

 

Anna Lauwaert 7.IX.23

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